Pochi giorni fa in un telegiornale ho visto le desolate immagini di un cimitero ligure dove sono sepolti più di cento garibaldini. Per le loro tombe non è previsto alcun restauro né alcuna valorizzazione nell'ambito delle tante iniziative e somme stanziate per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia, quella costruita con la loro vita. Con amarezza ho pensato al nuovo Palazzo del Cinema al Lido di Venezia, opera inserita nelle celebrazioni ma che non sarà finita in tempo: è ancora una voragine (al posto di un centinaio di pini marittimi abbattuti). E alle recenti dichiarazioni del presidente della Biennale, Paolo Baratta: «Sono d'accordo che ci sia solo una sala da 2.000 posti». Con indignazione ho pensato a quanto è già costata questa «sola sala», forse un pretesto per dare l'intera isola in mano ad un commissario della Protezione Civile (ma dove sta l'emergenza e l'eccezionalità?), per svenderla ai privati, con progetti che devasteranno il suo particolare territorio fra mare e laguna. Con rabbia ho pensato allo squallore dell'operato della «cricca» legata al G8 ma anche al nuovo Palazzo del Cinema (Della Giovampaola, De Santis, Balducci, peraltro acriticamente difeso dal ministro Giancarlo Galan dopo l'ultima pubblicazione delle intercettazioni che li coinvolgono): affari, tangenti, hotel e cene di lusso e le immancabili escort. Per quelle tombe neanche un fiore. Ma i semi di giustizia e libertà gettati da quelle camice rosse germoglieranno sempre. Non cosi il cemento e il malaffare