lunedì 2 luglio 2012

Ex ospedale al Mare, grazie di aver rinunciato di Roberto Bianchin

Un imprenditore di antico pelo, di quelli che sanno bene come navigare al riparo dalle tempeste, e che hanno le mani in pasta in molti degli affari lagunari, si è lamentato del fatto che nessuno, in città, gli abbia detto grazie. Il grazie che chiedeva - senza specificare peraltro se doveva essere pubblico o privato, espresso a voce o per iscritto, e da parte di chi - era riferito al fatto che l'imprenditore in questione aveva messo sul tavolo, attraverso le sue aziende, i soldini (non pochi, in verità) necessari per ospitare a Venezia uno dei rari eventi positivi degli ultimi decenni, e che ha riscosso larghi consensi come non accade frequentemente nel litigioso capoluogo lagunare, quale la Coppa America. Si può rimediare subito. Il grazie che voleva, e che non ha avuto, lo può avere adesso.
Adesso che - per motivi suoi - ha rinunciato, con le sue aziende e qualcun'altra con cui si era accordato, al grande progetto di trasformare il vecchio ospedale al Mare del Lido di Venezia in un gigantesco (e francamente orribile) villaggio turistico con annessa un'altrettanto orripilante darsena, grande come l'isola della Giudecca. Grazie. Ora possiamo dirglielo e farlo contento. Grazie di cuore per aver rinunciato. Per aver risparmiato alla città un'altra pericolosa avventura. Una nuova bruttura. L'ennesima ferita. Non se la prenda il Comune se perderà qualche soldino per questo. Non sarebbero comunque stati risolutivi. Tanto la bancarotta è assicurata lo stesso. In fondo, non l'avrebbero evitata neanche i soldini del Casinò né quelli del Fontego dei Tedeschi. Piuttosto, c'è da chiedersi come abbia potuto il Comune convincersi della bontà di quei progetti faraonici sul Lido, quando anche un bambino sarebbe rimasto come minimo perplesso, e come abbia fatto a credere che avrebbero potuto davvero venire realizzati. Non uno dei grandi progetti sbandierati sul Lido è stato portato a termine. Non solo. Nessuno di questi progetti è neanche lontanamente decollato. Un fallimento prevedibile da subito. Bastava guardare come avevano mosso i primi passi i protagonisti della vicenda. Per questo motivo anche i lidensi (quelli che ci credevano) non se la prendano per la perdita dei bei progettini sull'ospedale al mare, sul forte di Malamocco, sul Parco delle Rose, sull'hotel Des Bains, sull'albergo Excelsior e quant'altro. Da un lato era evidente che, proprio perché troppo faraonici, non sarebbero mai andati in porto. Dall'altro era palese che non avrebbero trasformato in meglio (anzi) il volto dell'isola. Che è un volto pigro, mediocre, degradato e decadente. Un'isola poco curata. Che non profuma di vacanze. Che non mette allegria. Una vecchia stazione balneare un tempo alla moda, che è diventata una modesta periferia urbana. La spiaggia della mondanità, del jet set internazionale, trasformata nel dolce ospizio dei pensionati veneziani. Inutile illudersi. Invece di cullare sogni impossibili, e invece di piangere lacrime nostalgiche su un nobile passato che non può più ritornare, l'ex isola d'oro, proprio come una vecchia signora, dovrebbe curarsi un po' di più. Migliorare il suo aspetto, abbellirsi, sistemare gli alberghi, le strade, le strutture, pensare a qualche spettacolo, qualche festa. Senza scimmiottare caciarone spiagge di massa, ma cercando di ritagliarsi uno spazietto élitario, raffinato e tranquillo, garbato ed elegante, guardando più a Forte dei Marmi che a Rimini, se proprio si deve fare un paragone, visto che un'identità precisa l'isola non l'ha più. Non sono stati capaci neanche di costruire una sala cinematografica. E volevano risalire la china costruendo la più grande darsena del Mediterraneo e piantandoci sopra il tendone di Lele Mora. Grazie per aver rinunciato. r.bianching repubblica.it